Dazi al 30%: nel Nordest, costo fino a 5,5 miliardi… - CGIA Mestre, 13 luglio 2025
“I dazi doganali al 30 per cento, voluti dall’Amministrazione Trump potrebbero innescare una serie di effetti diretti sulle esportazioni del Nordest, ma anche indiretti - come l’ulteriore apprezzamento dell’euro, un aumento dell’incertezza dei mercati finanziari e un incremento del costo di molte materie prime – in grado di provocare un danno economico al sistema produttivo del Triveneto fino a 5,5 miliardi di euro all’anno: 4 in capo al Veneto, uno per il Friuli Venezia Giulia e 500 milioni per il Trentino Alto Adige. Tuttavia, la nostra ripartizione geografica, grazie all’ottima diversificazione dei prodotti venduti in USA, potrebbe avere ricadute negative meno pesanti del resto del Paese. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA. Le più a rischio sono le regioni del sud.
Concentrando l’attenzione solo sulle vendite di beni verso gli USA, i dazi generalizzati al 30 per cento imposti dal Presidente Trump potrebbero penalizzare, in particolare, le esportazioni del Mezzogiorno. A differenza del resto del Paese, infatti, la quasi totalità delle regioni del Sud presenta una bassa diversificazione dei prodotti venduti nei mercati esteri. Pertanto, se dopo l’acciaio, l’alluminio e i loro derivati, gli autoveicoli e la componentistica auto gli USA - e, a catena, altri Paesi del mondo - decidessero di innalzare le barriere commerciali anche ad altri beni, gli effetti negativi per il nostro sistema produttivo potrebbero abbattersi maggiormente nei territori dove la dimensione economica dell’export è fortemente condizionata da pochi settori merceologici.
L’analisi realizzata dall’Ufficio studi della CGIA si fonda sulla misurazione dell’indice di diversificazione di prodotto dell’export per regione parametro che pesa il valore economico delle esportazioni dei primi 10 gruppi merceologici sul totale regionale delle vendite all’estero. Laddove l’indice di diversificazione è meno elevato, tanto più l’export regionale è differenziato, risultando così meno sensibile a eventuali sconvolgimenti nel commercio internazionale. Diversamente, tanto più è elevata l’incidenza del valore dei primi 10 prodotti esportati sulle vendite all’estero complessive, quel territorio risulta essere più esposto alle potenziali congiunture negative del commercio internazionale. Le più a rischio sono Sardegna, Molise e Sicilia. La regione che a livello nazionale presenta l’indice di diversificazione peggiore è la Sardegna (95,6 per cento), dove domina l’export dei prodotti derivanti della raffinazione del petrolio. Seguono il Molise (86,9 per cento) - caratterizzato da un peso particolarmente elevato della vendita dei prodotti chimicimaterie plastiche e gomma, autoveicoli e prodotti da forno – e la Sicilia (85 per cento), che presenta una forte vocazione nella raffinazione dei prodotti petroliferi. Tra le realtà territoriali del Mezzogiorno, solo la Puglia presenta un livello di diversificazione elevato (49,8 per cento). Un dato che la colloca al terzo posto a livello nazionale tra le regioni potenzialmente meno a rischio da un’eventuale estensione dei dazi ad altri prodotti merceologici. Le meno coinvolte parrebbero la Lombardia e il Nordest. Ad eccezione della Puglia, le aree geografiche che, invece, potrebbero subire degli effetti negativi più contenuti di quelli previsti in capo alle regioni del Mezzogiorno sono La Lombardia (con un indice del 43 per cento), il Veneto (46,8), la Puglia (49,8), il Trentino Alto Adige (51,1), l’Emilia Romagna (53,9) e il Piemonte (54,8). Il Friuli Venezia Giulia si posiziona a metà classifica (63,1) . Dei quasi 11 miliardi di export nordestino verso gli States, i prodotti più importanti venduti dal Veneto sono gli occhiali e i dispositivi medici (1,4 miliardi), quelli del Friuli V.G. le naviimbarcazioni (un miliardo) e quelli del Trentino A.A. i vini (233 milioni)”. I dati, sui dazi, che GGIA, correttamente, ci propone, potrebbero, diventare, presto, realtà, con perdite, per l’economia italiana – leggiamo, sopra – in ordine di miliardi…, con relative conseguenze. Realtà, che fra circa un mese, nei primi giorni d’agosto, conosceremo, non trascurando il fatto, per cui, se un dazio, per l’export italiano, verso gli U.S.A. del 10% ci sembra, in qualche modo, contenuto, piuttosto del peggio, costituirebbe già un pesante freno, per l’economia nostrana, che inizia a risentire anche di un euro forte. Per ora e per fortuna, si continua a trattare, a Bruxelles, su detti dazi, confidando, in una soluzione negoziata. Una guerra commerciale, fra e Europea e U.S.A., è, comunque, da evitare. Intanto, colloquiamo, esaminiamo e cerchiamo di giungere ad un accordo.
Pierantonio Braggio