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Domenica 12 Ottobre 2025
Tomorrows Folding, Flexing and Expanding - Mostra a cura di Jessica Bianchera e Domenico Quaranta, nel Palazzo del Capitanio, Piazza dei Signori 22, Verona, aperta sino al 9 novembre 2025. Un progetto di Fondazione Cariverona, con Urbs Picta, in collabora

In un tempo in cui le tecnologie non agiscono più come semplici strumenti ma come infrastrutture esistenziali e immaginative, Tomorrows - Folding, Flexing and Expanding esplora le metamorfosi del corpo, invitando a pensare la diversità e l’ibridazione non come deviazioni rispetto a un modello, ma come principi generativi di un nuovo umanesimo. Il progetto espositivo di Fondazione Cariverona, con Urbs Picta, in collaborazione con Museo del Contemporaneo dell’Università di Verona e ArtVerona, a cura di Jessica Bianchera e Domenico Quaranta, ha inaugurato, nell’ambito di ArtVerona, venerdì 10 ottobre alle ore 21.00 nel centro storico di Verona a Palazzo del Capitanio. La mostra resta visitabile fino al 9 novembre 2025. La terza edizione di TOMORROWS prosegue il filone di ricerca avviato due anni fa per indagare il presente e il futuro dell’essere umano attraverso la contaminazione tra l’arte contemporanea e diverse discipline. TOMORROWS - Folding, Flexing and Expanding è parte del più ampio progetto Interregno, il nuovo palinsesto interdisciplinare promosso da Fondazione Cariverona con Urbs Picta, con la direzione artistica di Jessica Bianchera. Per un intero anno Verona ospiterà un ricco calendario di appuntamenti, composto da tre percorsi espositivi e un fitto programma pubblico, che prevede laboratori gratuiti per famiglie e scuole di ogni ordine e grado, incontri educativi, visite guidate e attività sul territorio. Interregno intende, così, proporre una riflessione collettiva sul concetto di normalità, interrogando i codici estetici, i canoni sociali e le gerarchie di visibilità che hanno storicamente escluso esperienze, corpi e visioni non conformi, per abbracciare, infine, l’idea di diversità come valore fondamentale. Tomorrows - Folding, Flexing and Expanding invita a concepire l’arte come laboratorio critico per immaginare ciò che ancora non esiste e per interrogare, con radicalità e urgenza, le forme che la vita potrà assumere. I sette artisti – Apparatus 22, Mit Borrás, Zach Blas, Heather Dewey-Hagborg, Shu Lea Cheang, Copper Frances Giloth e Michele Gabriele – indagano il corpo come terreno di proiezione speculativa, trasformazione tecnologica e conflitto simbolico. Le loro opere delineano, così, un orizzonte in cui il corpo non è più dato naturale, ma dispositivo immaginativo e politico, costantemente riscritto dalle tecnologie, dalle estetiche e dalle narrazioni che lo attraversano. Dai pionieristici esperimenti di Copper Frances Giloth, che negli anni Ottanta mostravano quanto la traduzione digitale del corpo fosse già inscritta in stereotipi di genere e in una visione riduzionista della fisicità, fino alle attuali esplorazioni di Heather Dewey-Hagborg e Shu Lea Cheang, in cui la manipolazione genetica e la mutazione virale diventano paradigmi estetici e politici, ciò che emerge è la persistenza del corpo come superficie di proiezione ideologica e come territorio di conflitto. In questa prospettiva il lavoro di Apparatus 22 e Mit Borrás articola una dimensione utopica che mette in tensione desiderio, spiritualità ed ecologia, mostrando come il corpo possa essere concepito come medium di adattamento e di apertura verso scenari non ancora realizzati. Allo stesso modo Zach Blas ribadisce la centralità della resistenza, opponendo al biopotere delle tecnologie di sorveglianza una pratica comunitaria fondata sull’opacità e sulla ridefinizione del volto come spazio collettivo. Infine, la ricerca di Michele Gabriele restituisce al corpo la sua fragilità, insistendo sulla difficoltà di emanciparsi dai cliché visivi e culturali che continuano a vincolare ogni forma emergente.L’interrogazione sul corpo come campo di tensioni speculative trova un’espressione paradigmatica nelle opere di Apparatus 22, che con il ciclo Arrangements & Haze series (2017) inscrivono testi e visioni radicali su grandi superfici di pelle trattata, definendo un approccio da loro stessi nominato hardcore minimalism. In particolare, le tre opere presentate in mostra – V1, V2, V4 – evocano scenari di estrema ergonomia, piacere e sopravvivenza oltre i limiti umani, immaginando corpi non più vincolati alla forma umanoide e capaci di resistere a scale di catastrofi planetarie. Ad affiancarle, Quantum Machine 1 (2018) intreccia la dimensione della ricerca tecnologica con sensibilità epidermiche e affettive, proponendo un dispositivo ibrido che riflette sulla possibilità di un’empatia inscritta nelle macchine e sulle potenzialità sensoriali di una corporeità in trasformazione. In dialogo diretto con questo immaginario, nella stessa sala Mit Borrás presenta in anteprima internazionale la nuova versione di CORE (2025), dal ciclo Adaptasi Cycle, opera video che articola la sua riflessione sul corpo come rete di adattamento tra natura e tecnologia. Il lavoro si inserisce in una ricerca transdisciplinare che utilizza il video come dispositivo critico per esplorare stati aumentati di coscienza, concependo corpi ibridi e dispositivi rituali emergenti dall’interconnessione tra biotecnologia ed ecospiritualità. In CORE, la dimensione visiva si intreccia con una costruzione simbolica che rimanda tanto ai linguaggi della fantascienza quanto alle forme arcaiche del mito, trasformando l’esperienza dello spettatore in un attraversamento meditativo. La poetica di Borrás si configura così come una pratica che, attraverso il medium audiovisivo, coniuga immaginazione futuribile e riflessione politica, aprendo spazi di pensiero in cui il corpo è al tempo stesso oggetto e soggetto di trasformazione. Se Apparatus 22 e Borrás collocano il corpo in un orizzonte utopico, visionario e speculativo, Zach Blas riporta l’attenzione sul volto come interfaccia politica, luogo di controllo e di resistenza. Facial Weaponization Suite (2012–14) si compone di maschere collettive realizzate attraverso workshop comunitari e generate a partire da dati biometrici aggregati: forme amorfe e irriconoscibili che sfuggono ai dispositivi di riconoscimento facciale, opponendo all’ossessione della trasparenza la forza dell’opacità. L’opera mostra come l’identità possa sottrarsi alla riduzione algoritmica, ribaltando il paradigma di sorveglianza in una strategia di occultamento e trasformazione collettiva. Il tema dell’ibridazione e dell’ità trova una declinazione in chiave biotecnologica nei lavori di Heather Dewey-Hagborg. Hybrid: an Interspecies Opera (2022–23) affronta il campo dello xenotrapianto e dell’ingegneria genetica dei maiali destinati a fornire organi per l’uomo, intrecciando archeologia, scienza e narrazione personale in un film in cinque movimenti che restituisce in forma operistica la complessità storica ed etica di questa pratica. A completamento, attraverso sofisticate CGI animations Future pigs, plural (2023) mette in scena tre possibili futuri della specie suina – dal maiale gigante da macello, al maiale nano da laboratorio, fino al maiale dal volto umanoide – interrogando la continuità tra selezione millenaria e ingegneria contemporanea e rivelando come le proiezioni sul corpo animale siano anche proiezioni sul nostro stesso futuro. Un analogo processo di trasformazione attraversa Virus Becoming (2022) di Shu Lea Cheang, che a partire dal film UKI immagina la metamorfosi di un corpo cyborg in entità virale. Nel percorso di Reiko, androide scartato e ricomposto tra le macerie elettroniche, la mutazione si fa esperienza collettiva e politica: incontrando trans-mutanti, hacker, migranti e rifugiati, il corpo si trasforma in virus, oltrepassando binarismi di genere e logiche identitarie. Qui la dimensione fantascientifica si intreccia con una riflessione critica su ecologia, margini sociali e possibilità di convivenza in un ecosistema post-umano. La mostra si apre anche a genealogie storiche della rappresentazione digitale, con Copper Frances Giloth e il video-collage Modeling the Female Body: A Survey of Computer-Generated Women (1988–89), che raccoglie le prime sperimentazioni di modellazione tridimensionale del corpo femminile. Bruno Giordano, presidente di Fondazione Cariverona: «Con Tomorrows - Folding, Flexing and Expanding riapriamo eccezionalmente Palazzo del Capitanio, trasformandolo in un laboratorio civico dove arte, scienza e tecnologia diventano strumenti per porre domande urgenti sul presente e sul futuro delle nostre comunità. In collaborazione con Urbs Picta e con un programma aperto e accessibile a pubblici diversi, investiamo nel capitale culturale e sociale del territorio, mettendo al centro l’incontro, l’educazione e la responsabilità. Siamo convinti che Verona meriti spazi in cui pensare insieme e immaginare possibilità nuove: è questo il compito che la Fondazione si assume, promuovendo cultura come bene comune, perché il domani si costruisce oggi»â€. Da tenere presenti, gli orari d’apertura: da martedì a domenica, dalle ore 10.00 alle 18.00 in occasione di ArtVerona 2025: venerdì 10 ottobre, dalle ore 21.00 alle 24.00 sabato 11 ottobre, dalle ore 10.00 alle 24.00 domenica 12 ottobre, dalle ore 10.00 alle 18.00â€. L’esposizione è stata studiata per proporre una riflessione collettiva sul ruolo che l’arte, nel suo molteplice complesso, può avere “nel generare forme di conoscenza, cultura, accesso e relazioneâ€, perché il risultato dell’arte, espressione dello spirito, racconta, segnala, evidenzia, testimonia e ci parla.
Pierantonio Braggio



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