L'olivo ai tempi del cambiamento climatico, tra malattie della pianta e prevenzione. Sfide e soluzioni per un'eccellenza veronese: «Dalle tecniche irrigue sostenibili alla rigenerazione del suolo, ma anche gli input naturali per la resilienza della pianta
Nella provincia di Verona, si concentra la maggior parte dell'olivicoltura veneta. Su circa 5mila ettari totali, il 70% si trova nelle colline moreniche del Garda, favorite dal clima mite e dai terreni ben drenati, senza dimenticare l'altra area storicamente rilevante delle colline della Lessinia. Ma oltre a essere un'eccellenza, quello olivicolo è un settore particolarmente sensibile alle variazioni climatiche. Sebbene si adatti a contesti siccitosi, la pianta dell'olivo mostra una sensibilità agli stress termici e idrici non trascurabile. Ecco perché è importante interrogarsi sulla crescente incidenza dei cambiamenti climatici sull'olivicoltura, vedi le influenze negative circa la fisiologia della pianta, la qualità dei frutti e le rese in olio. È stato proprio questo il tema dell'incontro di oggi all'Azienda agricola Le Morette a Peschiera del Garda, intitolato «Fisiologia e stato fitosanitario dell'olivo nel nuovo contesto climatico» e organizzato da Condifesa Verona CODIVE, il consorzio per l'assicurazione in agricoltura, insieme a partner quali Aipo, L’Informatore Agrario e il Dipartimento Tesaf dell’Università di Padova. Nell'occasione il presidente di CODIVE, Davide Ronca, ha annunciato la presentazione per il settore olivicoltura di un PEI, Partenariato Europeo per l’Innovazione, che CODIVE e i suoi partner hanno intitolato «Oliveto Smart» e che è stato ritenuto ammissibile dunque finanziato dalla Regione Veneto. «Abbiamo organizzato – ha detto Ronca - il convegno perché per la tutela del reddito aziendale, oltre che attraverso gli abituali strumenti di gestione del rischio, come le assicurazioni e i fondi mutualistici, è necessario fare ragionamenti e riflessioni sui sistemi più ottimali di coltivazione che devono essere compatibili con il nuovo contesto climatico». Moderato da Antonio Boschetti, direttore responsabile dell'Informatore Agrario, l'incontro ha visto Paolo Tarolli, professore ordinario in idraulica agraria all’università di Padova nel Dipartimento territorio e sistemi agroforestali, interrogarsi sull'«Estremizzazione del clima: cosa ci aspetta e quali effetti avrà sull’agricoltura mediterranea». Come premesso da Tarolli, «eventi meteo estremi stanno diventando sempre più frequenti. Inoltre, il 2024 è stato l'anno più caldo a livello globale e il primo anno solare in cui la temperatura media ha superato di 1,5° i livelli preindustriali. Fatto ancora più allarmante è che ognuno degli ultimi dieci anni rientra tra i più caldi mai registrati». In tale contesto, alcune regioni sono «più vulnerabili», come il Mediterraneo, che «deve far fronte a stress idrici prolungati, alterazioni della fioritura e dell’allegagione, e aumento dell’incidenza di patogeni». Per Tarolli, «le tecnologie innovative come big data, satelliti, sensori e intelligenza artificiale possono contribuire significativamente a monitorare, prevedere e mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla coltivazione dell’olivo». Dal canto suo Enzo Gambin, direttore di Aipo Verona, l'Associazione interregionale produttori olivicoli, ha stilato un quadro dell'olivicoltura veneta, partendo dal fatto che «il contesto regionale è caratterizzato da inverni generalmente miti, estati calde e una distribuzione delle piogge spesso irregolare». I cambiamenti climatici, per Gambin, si possono affrontare con un «approccio integrato basato su tecniche irrigue sostenibili e mirate, gestione agronomica orientata alla rigenerazione del suolo, ricorso a input naturali per migliorare la resilienza della pianta». In particolare, «l’irrigazione mirata sostiene la pianta nei momenti critici. Peraltro, l’adozione dell’Irrigazione a deficit regolato (Regulated Deficit Irrigation, RDI) consente una razionalizzazione dell’uso idrico, riducendo i volumi d’acqua fino al 50% senza effetti negativi sulla produzione. Va considerato che il fabbisogno idrico giornaliero di un olivo varia tra 30 e 40 litri e in un oliveto con una densità media di 220-250 piante per ettaro un’irrigazione settimanale efficace dovrebbe fornire circa 60-70 metri cubi d'acqua per ettaro: in caso di scarsità idrica, possono limitare l’affaticamento fisiologico delle piante e contenere le perdite produttive fino al 15-20%». Quanto alla «corretta gestione del suolo», è utile il ricorso alle «irrigazioni a goccia» e ai «biostimolanti e corroboranti vegetali, che aumentano la tolleranza della pianta agli stress, riducono la necessità di input chimici e forniscono un supporto anche laddove non sia possibile ricorrere all’irrigazione di soccorso». Infine, Elena Santilli, ricercatrice di Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura, principale ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari, ha ricordato le malattie più diffuse dell'olivo e come il clima possa aggravarne gli effetti. Come sottolineato da Santilli, «l'olivo è uno degli alberi coltivati più antichi del pianeta e una delle colture più importanti del Mediterraneo. Quando parliamo di possibili effetti del cambiamento climatico sulle malattie delle piante, dobbiamo ricordare che periodi prolungati di condizioni ambientali favorevoli per lo sviluppo di un patogeno possono causare epidemie più gravi, che i microrganismi sono più adattabili alle nuove situazioni ambientali rispetto ai vegetali a causa dei più brevi cicli riproduttivi, e che le piante, soprattutto quelle arboree, a causa del maggiore caldo subiranno una riduzione dello sviluppo e della vigoria». Come fare prevenzione? Per Santilli è necessario «impiegare materiale sano e certificato al momento dell'impianto, utilizzare varietà di piante resistenti al freddo in zone soggette a gelate, effettuare trattamenti con prodotti cuprici immediatamente dopo la potatura e gli eventi avversi». Ogni coltivazoìione, ha le proprie caratteristiche esigenze e il gentile ulivo, tutto storia, non è da meno. Nel caso della nostra pianta, a dannergiarla non vi sono, oggi, solo proprie malattie, ma, più che spesso, anche danni creati da un clima sempre più variabile. Importante, quindi, confrontarsi in materia e mettere in pratica, con attenzione, quanto i tecnici del settopre suggeriscono. Nella foto: I relatori, da sinistra: Santilli, Tarolli, Gambin, Ronca e Boschetti
Pierantonio Braggio