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Luned 9 Giugno 2025
E’ il primo weekend senza tasse. Ma 162mila veneti non festeggeranno, tanto, non le pagano mai. CGIA Mestre, 7.6.2025

“Quello più recente è il primo fine settimana del 2025, liberi dalle tasse. Infatti, secondo l’annuale elaborazione compiuta dall’Ufficio studi della CGIA, ieri è scoccato, ovviamente in linea puramente teorica, il giorno di liberazione fiscale o, come lo chiamano negli Stati Uniti, il tax freedom day. In altre parole, dopo ben 156 giorni dall’inizio di quest’anno, sabati e domeniche compresi, anche il contribuente medio veneto termina di lavorare per pagare l’armamentario fiscale italiano che, in particolare, è costituito dall’Irpef, dall’Ires, dall’Irap, dall’Iva, dalle addizionali, dai contributi previdenziali, dalle tasse locali, etc. Versamenti che sono necessari per far funzionare la macchina pubblica: per consentirci, ad esempio, di essere curati da una struttura ospedaliera, quando ci ammaliamo, di andare a scuolauniversità ,durante l’età giovanile, di disporre ogni giorno di trasporti pubblici rapidi ed efficienti e di vivere sente perché la sicurezza personale e delle nostre famiglie è garantita dalla presenza delle forze dell’ordine. Insomma, dopo oltre cinque mesi in cui la nostra attività lavorativa è servita per onorare le richieste del fisco, da ieri e sino al prossimo 31 dicembre ciascun italiano eserciterà la propria professione per vivere e per migliorare la propria condizione economica. Un puro esercizio di scuola, tiene a precisare la CGIA, che però ci consente di misurare in maniera del tutto originale il peso fiscale che grava su tutti noi. Per 162mila evasori veneti, il tax freedom day è un giorno come un altro. Tra i veneti che sono completamente disinteressati alle scadenze tributarie e contributive ci sono sicuramente gli evasori. Per loro il giorno di liberazione fiscale non rappresenta alcunché, visto che durante l’anno non pagano alcuna tassa all’erario. Secondo le ultime stime dell’Istat riferite al 2022, sono quasi 162.000 le persone fisiche presenti in Veneto che sono occupate irregolarmente come dipendenti o abusivi. Sono uomini e donne che lavorano completamente in nero o quasi quando operano in qualità di subordinati non sono sottoposti ad alcun contratto nazionale di lavoro o, se lavorano in proprio, in possesso di una partita Iva. In Italia sono quasi 2,5 milioni e il numero più elevato è presente in Lombardia con 379.600 unità. Seguono i 319.400 residenti nel Lazio e i 270.100 abitanti della Campania. Se, invece, calcoliamo il tasso di irregolarità, dato dal rapporto tra il numero di occupati irregolari e il totale degli occupati di ciascuna regione, in Calabria registriamo il tasso più elevato pari al 17 per cento. Seguono la Campania con il 14,2, la Sicilia con il 13,7 e la Puglia con il 12,6. La media italiana è del 9,7 per cento. La metodologia di calcolo. Come si è giunti a stabilire che il 6 giugno è il giorno di liberazione fiscale del 2025? La stima del Pil nazionale prevista per l’anno in corso è di 2.256 miliardi di euro tale importo è stato suddiviso per 365 giorni, ottenendo così un dato medio giornaliero di 6,2 miliardi di euro. Dopodiché, sono state estrapolate le previsioni relative alle entrate tributarie e contributive che i percettori di reddito verseranno quest’anno che dovrebbero ammontare a 962,2 miliardi di euro . Infine, quest’ultimo dato è stato frazionato al Pil giornaliero. Pertanto, queste operazioni hanno consentito all’Ufficio studi della CGIA di determinare il tax freedom day che nel 2025 cade dopo 156 giorni dall’inizio dell’anno, vale a dire il 6 giugno. Negli ultimi 30 anni meno tasse con Berlusconi. Al top con MontiLetta. Se analizziamo l’andamento della pressione fiscale registrato negli ultimi 30 anni, il meno “soffocante” fu il 2005. Con Silvio Berlusconi alla guida dell’esecutivo, la pressione fiscale in Italia scese al 38,9 per cento del Pil, 3,8 punti in meno della soglia prevista per quest’anno. Diversamente, il picco massimo l’abbiamo toccato nel 2013, quando con il governo del prof. Mario Monti che, però, dalla fine di aprile fu rimpiazzato da Enrico Letta, il carico fiscale complessivo sul Pil toccò il 43,4 per cento. La pressione fiscale non scende. Nel Documento di Economia e Finanza del 2025, si stima una pressione fiscale per l’anno in corso del 42,7 per cento un livello in lieve aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al dato del 2024. Tuttavia, è necessaria una puntualizzazione: va ricordato che la Legge di Bilancio 2025 ha sostituito la decontribuzione a favore dei lavoratori dipendenti con una analoga misura che combina gli sconti Irpef con il “bonus” a favore delle maestranze a basso reddito. Mentre la decontribuzione si traduceva in minori entrate fiscali-contributive, il “bonus” (che vale circa 0,2 punti percentuali di Pil) viene contabilizzato come maggiore spesa e quindi sfugge alla stima della pressione fiscale. Pertanto, se tenessimo conto di questo aspetto, nel 2025 la pressione fiscale sarebbe destinata a diminuire, sebbene di poco, attestandosi al 42,5 per cento. In questo caso il giorno di liberazione fiscale verrebbe anticipato di un giorno, di conseguenza i giorni di lavoro necessari per pagare le tasse sarebbero 155. Attenzione alla corretta lettura dei dati. Osservando bene, l’incremento della pressione fiscale è tornato a salire impetuosamente a partire dal 2023. Tuttavia, affermare che in questi anni sia aumentato il peso del fisco sul contribuente sarebbe fuorviante. L’incremento della pressione fiscale, infatti, non è ascrivibile ad un aumento delle tasse, quanto a una pluralità di novità legislative di natura economica introdotte a livello politico. Pensiamo alla decontribuzione a favore dei redditi da lavoro dipendente resa più incisiva nel 2024 e all’accorpamento dei primi due scaglioni di reddito Irpef. Nel 2025, con l’intento di ridurre il cuneo fiscale e a compensazione della decontribuzione, sono state aumentate le detrazioni Irpef ed è previsto un “bonus” (erogazione di una somma esente Irpef) per i redditi da lavoro dipendente sino a 20.000 euro.
Inoltre, il buon andamento delle entrate fiscali nel 2024 è stato determinato da fattori economici che hanno condizionato la crescita delle imposte sostitutive attinenti ai redditi da capitale. Non va nemmeno dimenticata la crescita registrata dalle retribuzioni grazie ai rinnovi contrattuali, alla corresponsione degli arretrati nel pubblico impiego e all’aumento del numero di occupati l’Irpef e i contributi previdenziali hanno subito un rialzo positivo. L’aumento del prelievo è stato insignificante. L’impatto sulla pressione fiscale riconducibile all’aumento delle tasse, invece, è stato modestissimo. Ricordiamo, tra i principali inasprimenti fiscali introdotti dal governo in carica, le seguenti misure: - incremento della tassazione sui tabacchi, dell’IVA su alcuni prodotti per l’infanziaigiene femminile e dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni per l’anno 2024 - rimodulazione delle detrazioni per le spese fiscali con l’introduzione di alcune limitazioni per redditi elevati, l’inasprimento della tassazione sulle cripto-attività, la riduzione delle detrazioni delle spese per le ristrutturazioni edilizie e il risparmio energetico per l’anno 2025. In UE, siamo tra i più tartassati. Il giorno di liberazione fiscale non costituisce un principio assoluto, ma un esercizio teorico che dimostra empiricamente, se ancora ce ne fosse bisogno, quanto sia eccessivo il carico fiscale che grava sugli italiani. Una specificità che emerge in misura altrettanto evidente anche quando confrontiamo la nostra pressione fiscale con quella dei paesi UE. Nel 2024 , infatti, la pressione fiscale in Danimarca era al 45,4 per cento del Pil, in Francia al 45,2, in Belgio al 45,1, all’Austria il 44,8 e in Lussemburgo al 43. L’Italia si è posizionata al sesto posto tra tutti i 27 paesi dell’e Europea con un tasso del 42,6 per cento del Pil. Se da noi, come quest’anno, nel 2024 sono stati necessari 156 giorni lavorativi per pagare tutte le imposte, le tasse e i contributi, in Danimarca hanno lavorato per il fisco 166 giorni, in Francia e in Belgio 165, in Austria 164 e in Lussemburgo 157. La media UE è stata di 148 giorni (-8 rispetto al dato Italia), mentre in Germania è stata di 149 (-7 giorni rispetto a noi) e in Spagna di 136 giorni (-20 giorni). Per una regione come il Veneto che ha nell’export uno dei suoi punti di forza, scontare quasi 2 punti di pressione fiscale in più rispetto ai tedeschi e quasi 5,5 punti aggiuntivi nei confronti degli spagnoli è un handicap che penalizza non poco le nostre imprese, in particolare quelle di piccola dimensione”. Purtroppo, siamo, ormai, da decenni, a considerazioni, il cui contenuto invita l’Italia pubblica a risparmiare – non, evidentemente, in fatto di servizi sociali – e, in tal modo, a contenere la pressione fiscale, prevista, per quest’anno, come, sopra indicato, al 42,6%, tenendo presente che i tassi di pressione fiscale, sopra cennati, superiori al nostro, si riferiscono a Paesi UE, in cui, costo della vita e salari e stipendi, sono ben superiori ai nostri: questo, nel senso, che con salari e stipendi più consistenti, meno sensibile è il peso della pressione fiscale. Comunque, non è democraticamente accettabile che esistano ampie aree nazionali, nelle quali, grande è il numero di evasori.
Pierantonio Braggio



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