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Sabato 23 Agosto 2025
Il Carnevale al rione Carega

di Daniela Cavallo

Siamo in un momento storico in cui spesso gareggiamo per dimostrare qualcosa, facendo venire meno la qualità della vita, penalizzando la piacevolezza di stare in compagnia, rinunciando a cose semplici, ad una accoglienza quotidiana, ad un sorriso per strada, a coltivare la comunità di appartenenza come bene comune, cercando di giustificare lo “stare insieme” con uno scopo apparentemente “culturale”.
Così, a volte, forziamo la mano ad iniziative che sono solo modi per stare insieme tra abitanti, dandogli un valore culturale, denigrando il divertimento che altro non è che volgere altrove lo sguardo per un attimo, per scaricare la tensione di questa gara continua alle migliori prestazioni che dobbiamo correre nel quotidiano.
Questa riflessioni ci porta a comprendere che non si deve “gareggiare” con eventi o progetti culturali urbani, semplicemente dare valore di comunità ad esempio al centro storico di Verona magari a quelle porzioni fortemente identitarie come il rione Carega e magari riorganizzare, in un periodo più lungo, tutte quelle azioni che hanno a che fare con la tradizione del Carnevale: la Carega è cuore della città antica che, attraverso i suoi abitanti, chiede di essere vissuto nel suo carattere più accogliente.

Nelle azioni calate dall’alto della rigenerazione urbana spesso sembra che questa voglia coincidere, soprattutto nei centri storici, con la rigenerazione continua degli abitanti: allontanare gli abitanti nativi o “storici” dal centro per sostituirli con “occasionali” perché la città contemporanea rinnega di avere una memoria a lungo termine che invece è da conservare, un agire in difesa del diritto di abitare, di indossare un luogo, vestirsene, un habitus che magari continui a raccontare la storia.
Così “cucire” al rione Carega il Carnevale recuperando l’istinto ludico, il buon umore, tanto necessario alla qualità della vita, e la condivisione reale e non virtuale tra persone è azione semplice, ma importante: non vogliamo stabilire se sia “cultura”, ma gioia di vivere si.
Non si vuole attribuire autorevolezza culturale ad eventi futili, ma rivendicare il “carnascialesco”, quel vero, spontaneo divertimento salutare per gli abitanti, fin dal Medioevo, senza pretendere che sia tutto preso sul serio, per un bisogno necessario all’uomo di “allentare la presa” del quotidiano.
Quel divertimento carnascialesco che, nelle radici etimologiche è una “sovrabbondanza sanguigna”, un fiume di vitalità, un sorridere che è l’insieme delle debolezze e delle fragilità umane.
Un carnevale come verità, luogo e tempo autentico che è nel sangue degli abitanti del rione “Carega” a Verona, perché la città ha bisogno di autenticità, di ciò che è vero, non verosimile a se stessa: recuperare un quotidiano che sia naturale e spontaneo, non indotto da operazioni di marketing, ha bisogno di radici per crescere, di cura.

Nel Medioevo il quartiere Carega era famoso per le sue botteghe artigiane nelle quali lavoravano principalmente i fabbricanti di sedie, i cosiddetti "caregari", i calzolai e i conciatori di pelli detti "calegari". Probabilmente da queste professioni prende il nome questo quartiere.
Nel rione c'è vicolo “Cadrega", come attesta la lapide con il nome dove all’originale parola viene aggiunta una “d” perché con l'annessione della città al Regno d'Italia nel 1866 il funzionario, proveniente dalla Lombardia, preposto a italianizzare i toponimi, cambiò il nome nel suo dialetto lombardo aggiungendo la consonante.
Certo è che Piazzetta Cadrega e l’omonima via, nel centro storico di Verona, prendono il nome da “carega”, versione dialettale veronese di “cattedra” o “sedia” e toponimo che nel tempo si è esteso a tutta la zona. Qui, in epoca romana, fu collocato un cippo in pietra dedicato al magistrato veronese Cornelio Annone che, con il tempo e l’usura prese la forma di uno scranno. La stele, che si trovava fino alla metà del Settecento in piazzetta Ottolini, oggi conservata al Museo Lapidario Maffeiano, ricordava la forma di una seduta, di una cattedra, caratteristica che diede poi il nome allo slargo in cui venne eretta e alla attigua via.
Nel Medioevo la zona assunse anche il nome di rione “Caliari”, in quanto i conciatori di pelli, i cosiddetti “caliari”, possedevano fino al secolo scorso le loro botteghe proprio alla Carega al pittore Paolo Caliari (il Veronese) cognome che deriva dal mestiere omonimo, è intitolata la scuola Media del quartiere.
La maschera del rione Carega è legata alla figura di Teodorico sovrano del primo vero regno romano-barbarico, là dove la capitale del regno era Ravenna, ma per questioni strategiche Verona fu la città che il sovrano predilesse in Italia, tanto che risiedendovi a lungo, attuò nella città scaligera molti interventi urbanistici durante il suo dominio di cui oggi restano parte delle mura cittadine che chiudono l’ansa del fiume Adige poco più a sud delle mura di Gallieno includendo anche l’Arena, l’attuale Centro storico la leggenda racconta che la sua misteriosa scomparsa avvenne proprio a Verona.
Teodorico re degli Ostrogoti sconfisse Odoacre una prima volta presso l'Isonzo nel 488, infliggendogli poi il colpo definitivo proprio in territorio veronese, nella Campagna Minore (oggi Madonna di Campagna).
Secondo la tradizione, proprio in occasione del tremendo scontro tra gli eserciti di Odoacre e quello di Teodorico nacque uno tra i più tipici piatti della tradizione culinaria veronese: la Pastissada de' Caval, ossia lo stracotto di carne di cavallo. Conclusa la battaglia, sul campo restavano centinaia di cavalli, la popolazione affamata chiese al vincitore Teodorico il permesso di cibarsene, il nuovo sovrano lo concesse ma, data la grande abbondanza di carne, e la mancanza di frigoriferi, si cercò di prolungarne la durata immergendola in vino e spezie, successivamente cotta.

Il Carnevale diventa così strumento per diffondere la storia, le radici, il senso dell’abitare un luogo, appartenenza, identità…quanti concetti, magari poi conoscenza e addirittura Cultura, la questione è sempre “come” si fa. Provare per credere.



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