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Luned 8 Settembre 2025
Veneto: i contribuenti più tassati e più ricchi risiedono a Padova. La pressione fiscale aumenta, ma è solo un effetto statistico, CGIA Mestre, 6.9.25.

Nella nostra regione, il prelievo medio netto dell’Irpef , più elevato, interessa i contribuenti della provincia di Padova l’importo pagato dalle persone fisiche, nel 2023, è stato pari a 6.098 euro. Seguono quelle di Treviso, con 5.701, di Vicenza, con 5.634, di Verona, con 5.583, e della Città Metropolitana di Venezia, con 5.431. I meno tartassati sono stati i contribuenti Irpef di Belluno. che hanno pagato 5.232 euro, e di Rovigo, con 4.718. La media regionale è stata di 5.630 euro. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA, che ha elaborato i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze. In considerazione del fatto, che il nostro sistema fiscale si fonda su criteri di progressività , è fondamentale evidenziare che, anche in Veneto, le province caratterizzate da un prelievo fiscale più elevato corrispondono, in linea di massima, a quelle con redditi più alti. Infatti, se analizziamo la graduatoria, riferita al reddito complessivo medio, scorgiamo che Padova è la provincia più ricca del Veneto. Il dato è pari a 27.113 euro. Seguono i contribuenti di Vicenza, con 26.263, quelli di Treviso, con 26.172, di Verona, con 25.792 e di Venezia con 25.498. Tutte realtà, come abbiamo visto, più sopra, che si contendono anche le prime posizioni per quanto concerne il prelievo fiscale riconducibile all’Irpef. Infine, va segnalato che nei territori in cui il peso dell’Irpef risulta maggiore, solitamente, si osserva una qualitàquantità superiore dei servizi pubblici offerti ai cittadini, quali trasporti, infrastrutture sociali, istruzione, cultura, sport e tempo libero. Una tendenza che trova conferma anche in Veneto. Differenze di reddito Nord-Sud molto elevate. Sia per quanto riguarda il livello di reddito, che di tassazione, lo scostamento tra Nord e Sud del Paese è molto rilevante. Si pensi che, tra le 107 province monitorate, in questa analisi, dalla CGIA, la prima area geografica del Mezzogiorno, per livello di prelievo Irpef e anche per quel che concerne il reddito complessivo medio, è la Città Metropolitana di Cagliari, che occupa rispettivamente il 25° e il 46° posto. Inoltre, se stimiamo la percentuale di contribuenti sul totale regionale che dichiara un reddito complessivo inferiore a quello medio nazionale (pari nel 2023 a 24.830 euro), notiamo che le regioni del Mezzogiorno presentano dati molto preoccupanti. Se a livello medio nazionale, la percentuale è del 65,9 per cento, tutte le regioni del Sud e delle Isole registrano una quota superiore al 70 per cento, la situazione più critica riguarda la Calabria, dove il 77,7 per cento dei contribuenti (pari a 919.000 persone fisiche) dichiara meno della media nazionale. In Veneto i contribuenti, con un reddito inferiore a quello medio italiano, sono il 63,5 per cento del totale regionale e corrispondono a 2.390.202 persone fisiche. Sono oltre 3,7 milioni i contribuenti Irpef. Sono oltre 3,7 milioni i contribuenti Irpef presenti in Veneto. Di questi, 2,1 sono lavoratori dipendenti, 1,2 pensionati, 146.500 lavoratori autonomi e 191.500 sono percettori di altri redditi. L’area che ne conta di più è Verona. Nella provincia scaligera ve ne sono 721.821, a Padova 711.543, a Treviso 674.300, a Vicenza 659.252 e a Venezia 653.537. Chiudono la graduatoria regionale la provincia di Rovigo, con 180.739 contribuenti Irpef e, infine, Belluno con 164.941 (vedi Tab. 3). La pressione fiscale non scende. Nel Documento di Economia e Finanza del 2025, si stima una pressione fiscale per l’anno in corso del 42,7 per cento un livello in lieve aumento di 0,1 punti percentuali, rispetto al dato del 2024. Tuttavia, è necessaria una puntualizzazione: va ricordato che la Legge di Bilancio 2025 ha sostituito la decontribuzione a favore dei lavoratori dipendenti con una analoga misura, che combina gli sconti Irpef con il “bonus” a favore delle maestranze a basso reddito. Mentre la decontribuzione si traduceva in minori entrate fiscali-contributive, il “bonus” (che vale circa 0,2 punti percentuali di Pil) viene contabilizzato come maggiore spesa e quindi va ad appesantire la pressione fiscale. Pertanto, se tenessimo conto di questo aspetto, nel 2025 la pressione fiscale sarebbe destinata a diminuire, sebbene di poco, attestandosi comunque al 42,5 per cento. Anzi, aumenta. Ma solo statisticamente. L’incremento della pressione fiscale è tornato a salire con vigore a partire dal 2023. Tuttavia, affermare che in questi ultimi anni sia aumentato il prelievo del fisco sarebbe fuorviante. L’incremento della pressione fiscale, infatti, non è ascrivibile ad un aumento delle tasse, quanto a una pluralità di novità legislative di natura economica introdotte a livello politico. Oltre a quelle richiamate, poc’anzi, ricordiamo il buon andamento delle entrate fiscali nel 2024, che è stato determinato da fattori economici, che hanno condizionato la crescita delle imposte sostitutive attinenti ai redditi da capitale. Non va nemmeno dimenticata la crescita registrata dalle retribuzioni grazie ai rinnovi contrattuali, alla corresponsione degli arretrati nel pubblico impiego e all’aumento del numero di occupati l’Irpef e i contributi previdenziali hanno subito un rialzo positivo. Le nuove tasse hanno causato un prelievo insignificante. L’impatto sulla pressione fiscale riconducibile all’aumento delle tasse, invece, non ha inciso in maniera determinante. Ricordiamo, tra i principali inasprimenti fiscali introdotti dal governo in carica, le seguenti misure: - incremento della tassazione sui tabacchi, dell’IVA su alcuni prodotti per l’infanziaigiene femminile e dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni per l’anno 2024 - rimodulazione delle detrazioni per le spese fiscali con l’introduzione di alcune limitazioni per redditi elevati, l’inasprimento della tassazione sulle cripto-attività, la riduzione delle detrazioni delle spese, per le ristrutturazioni edilizie, e il risparmio energetico, per l’anno 2025. CGIA Mestre, 6.9.25”. L’interessante studio, di cui sopra, merita attenzione e considerazione, perché offre una visione globale del Paese, circa i redditi e le differenze, per città e regioni, che da esso emergono. Ma, base di tutto, sarebbe, che la Pubblica Amministrazione costasse meno, che vi fossero – e non vi sono da decenni – remunerazioni più sostanziose, nel mondo del lavoro, che ognuno denunciasse e pagasse, quindi, il dovuto, e che la sopra citata pressione fiscale, oggi, al 42,5%, scendesse. Aggiungiamo che, fortemente, preoccupano e, sempre più, il debito pubblico, oggi a oltre 3074 mld di euro, e in crescita, nonché gli interessi annui, che lo stesso genera, circa 100 mld, dovendo pagare i quali, si sottrae denaro fresco all’economia. Senza della quale, non vi sono né vita, né salute.

1) Questa imposta è pagata dalle persone fisiche. Ovvero, lavoratori dipendenti, pensionati, lavoratori autonomi e percettori di altri redditi (terreni, fitti, capitale, etc. 2) Art. 53 della Costituzione. 3) Questo dato non include le partite Iva, sottoposte al regime fiscale dei minimi che, ricordiamo, non versano l’Irpef.


Pierantonio Braggio



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