Caserme e uffici, la Provincia si mette all'asta su internet
Compra anche tu un pezzo di Provincia. Non proprio di palazzo Piloni; ma c’è chi non esclude che possa accadere anche questo, e che un giorno un privato possa acquistare gli uffici che videro le gesta di Sergio Reolon prima e Gianpaolo Bottacin dopo. Perché la Provincia è all’asta. E l’avviso è comparso ieri sul sito ufficiale dell’ente, nella sezione «gare, appalti e aste». E’ possibile inviare un’offerta per l’ex casa cantoniera di Canale d’Agordo, frazione Casate 1, 190mila euro di importo base; per l’ex caserma dei carabinieri di Feltre, via Borgo Ruga 19, un milione e 460mila euro; e per un immobile con uffici in via Psaro 21 a Belluno, 790mila euro. Dead line: il 28 marzo alle 12. Ente appaltante: appunto palazzo Piloni. Ora, non che non si sapesse che prima o poi sarebbe accaduto; ma l’effetto è quello di una vecchia signora che piazza i gioielli di famiglia per evitare lo sfratto. «E’ che siamo arrivati al dunque - afferma l’ex presidente Gianpaolo Bottacin -: tutto ciò dimostra che non era colpa mia. Infatti io sono stato cacciato, ma i problemi sono rimasti».
Comunque sia, le alienazioni sono inserite nell’ambito della manovra «lacrime e sangue » licenziata il 14 giugno scorso dalla giunta Pdl-Carroccio. Oltre a quelle finite sul sito, previste per il 2011, lo schema pluriennale allegato al bilancio prevede per il 2012 la vendita dell’ex stazione di arrivo di Col Contras (500mila); dell’immobile abitativo di via Rugo a Belluno (130mila) con garage; di due immobili a Sovramonte, frazione Ponte Serra (60mila ciascuno) e della caserma dei carabinieri di Santo Stefano di Cadore (576mila). Per il 2013, infine, è prevista la vendita della caserma dei carabinieri di Ponte nelle Alpi (500mila); l’immobile commerciale di piazzetta Bivio in Ponte nelle Alpi (200mila) e la questura di Belluno (1,3 milioni). Al tempo la giunta spacciò il provvedimento per una mossa preventiva: «Si tratta di un previsionale - si sentì dire più volte - e cioè di un atto che può essere modificato da un momento all’altro». Si attendeva, cioè, un provvedimento straordinario dell’allora governo Berlusconi per rappezzare il bilancio di emergenza di palazzo Piloni. Non è arrivato un euro; in compenso è caduta la giunta politica e si è insediato il commissario prefettizio Vittorio Capocelli, che ha ereditato un bel po’ di grane.
Guai che affronta con filosofia; anche quando si mette sul piatto la carta dei dieci milioni di euro che mancano all’appello nel capitolo della viabilità. «Entro i primi di marzo - fa sapere - la risposta del ministero degli Interni: si tratta di riparametrare i trasferimenti con fondi aggiuntivi dedicati. E non porto i libri in tribunale: la procedura di dissesto si attiva quando un ente è indebitato; e palazzo Piloni non lo è. Non accendiamo mutui per parare il colpo: e non mettiamo a bilancio risorse che non ci sono». Ma i dipendenti sono ormai sul chi va là: si dice che più di uno stai cercando di far fagotto. «Chiediamo - fa sapere Marco Zucco delle Rsu - un patto politico tra palazzo Piloni e altri enti pubblici: ne caso di dissesto, Usl, Comuni, agenzia delle Entrate, Prefettura e Regioni assumano, se devono farlo, prima gli ex dipendenti della Provincia». Zucco la vede nera. «Non è vero - afferma - che i dipendenti pubblici non possono essere lasciati a casa: lo si fa indirettamente, eliminando una funzione e piazzando il lavoratore in mobilità. Se rifiuta di trasferirsi in Polesine, per esempio, è licenziato». Ma i dipendenti stanno abbandonando la nave che affonda? «A quanto ne so - termina Zucco - quattro o cinque l’hanno già fatto; altri l’hanno chiesto, ma senza fortuna ».