Veneto: paghiamo più stipendi, che pensioni. Ma il sorpasso si avvicina. CGIA Mestre, 8.11.25
Nel Sud e nelle Isole le pensioni[1] erogate superano abbondantemente il numero di lavoratori dipendenti e autonomi, ma nel giro di qualche anno il sorpasso è destinato a compiersi anche nel resto del Paese, Veneto compreso. Secondo alcune previsioni[2], infatti, entro il 2029, nella nostra regione sono destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età 291.200 addetti. E’ evidente, visto la grave crisi demografica in atto, che difficilmente riusciremo a rimpiazzare tutti questi lavoratori, che non saranno più tenuti a timbrare il cartellino ogni giorno. Insomma, in meno di 78 anni i trattamenti pensionistici erogati in Veneto sono destinati a superare le buste paga degli operai e degli impiegati presenti nelle nostre fabbriche e nei nostri uffici. Gli ultimi dati disponibili che ci consentono di effettuare un confronto tra il numero degli occupati e quello delle pensioni erogate sono riferiti al 2024. Ebbene, se il numero dei lavoratori dipendenti e degli autonomi in Veneto era di 2,2 milioni, gli assegni corrisposti ai pensionati[3] erano 1,8 milioni (saldo pari a +395.338). A livello regionale solo la Lombardia, con un saldo pari a +803.180 unità, registra un risultato migliore del nostro (vedi Tab. 2). Questa analisi è stata realizzata dall’Ufficio studi della CGIA che ha elaborato i dati dell’Inps e dell’Istat. Padova, Verona e Treviso le realtà più virtuose. Dall’analisi del saldo tra il numero di occupati e le pensioni erogate nel 2024, la provincia veneta più virtuosa è Padova, che registra un risultato pari a +99.804. Seguono Verona con +98.955, Treviso con +76.848, Vicenza con +67.773, Venezia con +52.000 e Belluno con +1.998. La situazione più critica riguarda Rovigo. Nella provincia polesana il sorpasso è già avvenuto. Il saldo, infatti, è pari a -2.040. Come dicevamo più sopra, ancorché il Veneto presenti un risultato positivo, il trend è destinato a peggiorare, a causa della interazione di tre fenomeni strettamente correlati fra di loro: la denatalità, il progressivo invecchiamento della popolazione e un tasso di occupazione che rimane inferiore alla media delle aree più sviluppate d’Europa. La combinazione di questi fattori ha ridotto progressivamente il numero dei contribuenti attivi e, conseguentemente, ingrossato la platea dei percettori di welfare. Un problema che non riguarda solo l’Italia purtroppo, attanaglia la gran parte dei principali paesi del mondo occidentale. L’anzianità dei lavoratori è un problema soprattutto per gli imprenditori delle regioni piccole. Con tanti pensionati e pochi giovani, anche le imprese sono in seria difficoltà. Reperire sul mercato del lavoro figure professionali altamente specializzate è ormai diventata un’impresa quasi impossibile. Ad oggi, la regione che presenta l’indice di anzianità dei dipendenti privati più elevato d’Italia è la Basilicata (82,7). Seguono la Sardegna (82,2), il Molise (81,2), l’Abruzzo (77,5) e la Liguria (77,3). Il dato medio nazionale è pari al 65,2. Le regioni meno “colpite” da questo fenomeno – anche se già da alcuni anni sono costrette comunque a fare i conti con questa criticità – sono l’Emilia Romagna (63,5), la Campania (63,3), il Veneto (62,7), la Lombardia (58,6) e il Trentino Alto Adige (50,2). In buona sostanza, nella nostra regione il fenomeno è meno “impattante” che in molte altre aree del Paese, tuttavia i dati ci segnalano che ogni 100 dipendenti che lavorano in Veneto con meno di 35 anni, ve ne sono 62,7 che hanno oltre 55 anni. _____________________ [1] Di seguito i trattamenti corrisposti agli italiani: a) Pensione di vecchiaia. Trattamento pensionistico corrisposto ai lavoratori che hanno raggiunto l’età stabilita dalla legge per la cessazione dell’attività lavorativa, nella gestione di riferimento e che sono in possesso dei d) requisiti contributivi minimi previsti dalla legge. b) Pensione assistenziale. Prestazione erogata a cittadini, con reddito scarso o insufficiente, inferiore ai limiti di legge e indipendentemente dal versamento di contributi, a seguito del raggiungimento del limite di età previsto dalla normativa o per invalidità non derivante dall’attività lavorativa svolta. c) Pensione ai superstiti. Trattamento pensionistico erogato ai superstiti di pensionato o di assicurato in possesso dei requisiti di assicurazione e contribuzione richiesti. d) Pensione di invalidità. Prestazione non reversibile legata al versamento di contributi per almeno cinque anni dei quali tre nell’ultimo quinquennio e al riconoscimento, da parte degli organi competenti dell’Ente previdenziale, della riduzione permanente della capacità di lavoro dell’assicurato a meno di un terzo. L’assegno è compatibile con l’attività lavorativa. Ha durata triennale e confermabile per periodi della stessa durata. Dopo il secondo rinnovo l’assegno è considerato permanente. Al compimento dell’età pensionabile l’assegno ordinario di invalidità si trasforma in pensione di vecchiaia. e) Pensione indennitaria. Rendita corrisposta a seguito di un infortunio sul lavoro, per causa di servizio e malattia professionale. La caratteristica di queste rendite è di indennizzare la persona per una menomazione, secondo il livello della stessa, o per morte (in tal caso la prestazione è erogata a superstiti) conseguente a un fatto accaduto nello svolgimento di una attività lavorativa. [2] camere, Sistema Informativo Excelsior, “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine (2025-2029). [3] I dati sono estratti dall’archivio amministrativo del Casellario centrale per la raccolta, la conservazione e la gestione dei dati e degli elementi relativi ai titolari di trattamenti pensionistici. In base al Dpr 31 dicembre 1971, numero 1388, successivamente modificato dal decreto legge 6 luglio 1978, numero 352 e dalla legge 22 marzo 1995, numero 85, tutti gli enti erogatori di prestazioni pensionistiche obbligatorie e integrative e i soggetti erogatori di pensioni e assegni continuativi assistenziali sono tenuti a comunicare all’Inps, entro il primo trimestre dell’anno la situazione delle prestazioni pensionistiche vigenti al 31 dicembre dell’anno precedente. Per ciascuna prestazione l’archivio contiene, oltre alle caratteristiche della pensione e al suo importo in pagamento, una serie di informazioni sul beneficiario. Sulla base di tali elementi è stato possibile valutare non solo il numero delle pensioni vigenti, ma anche il numero dei soggetti percettori delle stesse”.
Il problema, suesposto è dettagliatamente spiegato, ed è, ormai, caratteristica pesante nazionale e del mondo nordoccidentale, la quale si riassume in assenza di nascite e in mancanza di specializzazione, in chi s’avvicina a lavoro. Non è da oggi, che se ne parla, ma positive soluzioni non si registrano. Non resta che pensarci seriamente e rapidamente, destinare sostanziali, validi aiuti e supporto, per figli, e dare forte incremento al settore formazione, se vogliamo che l’impresa possa correre a passo di un sempre più avanzante, vertiginoso progresso, in ogni settore lavorativo. Ciò, ovviamente, anché perché, per potere pagare le pensioni, oggi e domani, a chi ne ha diritto, occorre quella liquidità, che unicamente deriva da un’economia attiva, che, per essere tale, ha assolutamente bisogno del contributo umano, nei suoi vari aspetti.