VERONENSIS Il libro del fotografo Leonardo Ferri con 130 ritratti di “Veronesi”.
Daniela Cavallo
Cambia la preposizione, ma resta il luogo: Verona.
“Veronensis”, una forma latina che accoglie “di Verona” e “da Verona”, due forme che sembrano simili, ma non lo sono.
La prima indica una provenienza stabile, un’appartenenza o un’origine, “essere originari di” o avere una caratteristica di quel luogo. “Da Verona” indica invece una provenienza come punto di partenza nel tempo e nello spazio.
“Veronensis” è il titolo della raccolta di 130 ritratti di Donne e Uomini “illustri” per il fotografo Leonardo Ferri, Toscano di nascita, ma Veronese, appunto d’adozione, un libro che è un Tempio, come quei progetti settecenteschi che ideavano luoghi visibili per raccogliere la “Memoria degli uomini illustri”, una sorta di Pantheon: bellissimo è quello dell’architetto settecentesco veronese Luigi Trezza conservato nella Biblioteca civica di Verona.
Raccogliere le persone che siano “Veronensis” ha voluto dire per Ferri fissare nella memoria i tasselli di un cammino fatto in un luogo che lo ha accolto, esserne riconoscente, renderli visibili agli altri. Persone che fanno il luogo, la città, non solo chi vi è nato, ma chi ci vive da poco o lungo tempo, e che di quel luogo in qualche modo ne ha assunto un carattere, parte di quell’identità che forgia persone e luoghi in una reciproca corrispondenza.
Questo lavoro di Ferri è come un progetto architettonico, un Tempio appunto, qualcosa che si rende visibile, con la forma di libro, ma che non mette al sicuro quanti ne fanno parte pensando di essere illustri nel senso contemporaneo di “famosi”, là dove “l’esserci” sottolinea la responsabilità di una comunità, quella di ognuno nel proprio lavoro, imprenditore, creativo, architetto, commerciante, musicista che sia nel costruirla mettendosi in relazione con gli altri. Non solo un libro, ma una mostra a Palazzo Verità Poeta, in un allestimento che mette in relazione, ancora, i volti Veronensis rigorosamente in bianco e nero, con quelli affrescati sulle pareti del palazzo antico: fili della storia di questa città.
“Ho cercato di seguire l’istinto nel costruire il percorso in mostra: vicini per appartenenza che non è solo quella familiare o lavorativa, ma per affinità spesso elettive”. Così Ferri rende visibile quell’invisibile filo che lega le persone di una comunità che hanno bisogno di un occhio esperto, capace di “cucire” ciò che spesso dimentichiamo di avere, il senso degli altri.
Quasi duecento persone hanno partecipato all’inaugurazione della mostra che, purtroppo si è conclusa in due giorni, con il nobile obiettivo di esplicitare la finalità del progetto fotografico promosso dall’Associazione Culturale Historia, ovvero offrire parte del ricavato della vendita del libro ad ABEO, l’Associazione di riferimento per il Reparto di Oncoematologia Pediatrica dell'Ospedale della Donna e del Bambino di Verona.
“Non ho parole. - Ha detto Leonardo Ferri all’inaugurazione - Lasciatemi il tempo di focalizzare questa sala piena di persone, la mia Verona un’emozione forte, che mi porterò dentro per sempre.”