Padova. Traffico di rifiuti, carabiniere passava notizie all'imprenditore arrestato
I carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Venezia hanno tenuto sotto controllo i telefoni dellâimprenditore Loris Levio per quasi due anni. Il presunto traffico di rifiuti pericolosi con la Cina si andava delineando giorno dopo giorno.
In ogni colloquio che lâimprenditore aveva con i suoi collaboratori câera qualcosa che andava ad aggiungersi al castello di accuse che gli investigatori stavano costruendo nei confronti del titolare della Levio Loris srl. Poi è iniziata una serie di telefonate che ha fatto accapponare la pelle agli uomini dellâArma del Noe. Lâimprenditore era costantemente informato sulle indagini da un sottufficiale dei carabinieri. Suo amico. Un uomo in divisa di una caserma locale con il quale si dava del tu. E questo lo avvertiva di tutto quello che riusciva a sapere sulle indagini. Comprese le date delle ispezioni che gli investigatori programmavano negli impianti della ditta, che hanno sede a Grantorto, Selvazzano Dentro, Vigonza e Badia Polesine.
Gli uomini del Noe non hanno mosso un dito. Hanno continuato a controllare e a catalogare anche le telefonate tra lâimprenditore e il collega della stazione locale dei carabinieri. Per dimostrare che Levio aveva una "talpa" che lo informava, gli investigatori del Noe hanno fissato una data-trabochetto per una fantomatica ispezione. Levio sarebbe stato subito informato. Sono andati qualche giorno dopo. E quando li ha visti arrivare lâimprenditore sarebbe rimasto molto sorpreso. Adesso câè unâinchiesta parallela a quella del presunto traffico di rifiuti pericolosi.
Lâindagato è il carabiniere, presunta "spia" dellâimprenditore di Grantorto. Lâinchiesta è stata aperta dal pubblico ministero Silvia Scamurra, che coordina le indagini sullo scandalo.
Lâaccusa sostiene che Loris Levio, rappresentante e amministratore di fatto della societĂ Levio Loris srl, è il capo indiscusso e lâorganizzatore di tutte le attivitĂ della societĂ . I suoi collaboratori fidati nel presunto traffico illegale sarebbero stati Francesco Busana, in particolare per il traffico di rifiuti con la Cina, e Maurizio Biasibetti, responsabile commerciale. Ma la collaborazione sarebbe terminata prima del blitz e gli inquirenti ignorano le motivazioni. Le intercettazioni telefoniche, sostiene sempre lâaccusa, hanno evidenziato che lâimprenditore costituiva il punto di riferimento per i dipendenti delle societĂ per qualsiasi attivitĂ interna ed esterna.
Nellâordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere lâimprenditore, il giudice Paola Cameran accoglie la tesi del pubblico ministero Scamurra, secondo la quale Levio doveva venire arrestato per permettere agli investigatori di completare le indagini. Sarebbe concreto il pericolo che Levio commetta altri delitti della stessa specie per i quali procedono gli inquirenti. Lâaccusa dice che lâindagato ha eretto la gestione illecita dei rifiuti ad attivitĂ professionale traendo dalla stessa ingenti guadagni. Si sarebbe dimostrato capace di gestire una struttura aziendale complessa, articolata in piĂš sedi a finalitĂ criminose.
Avrebbe posto in essere un gran numero di azioni illecite non curante spregiudicatezza dentro lâarco temporale delle intercettazioni telefoniche, e gli inquirenti sostengono che non câè motivo di supporre che quello che emerge dalle registrazioni sia diverso dal modo di operare che aveva prima lâimprenditore.
Levio avrebbe trattato illecitamente ingenti quantitativi di rifiuti dei quali si è persa traccia con grave pericolo per lâambiente e per le persone che hanno lavorato i resti inquinanti. Inoltre, lâindagato avrebbe mostrato nei fatti totale indifferenza anche agli accertamenti dei suoi illeciti effettuati dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico.
Si sarebbe preoccupato unicamente di approntare procedure per sfuggire allâazione di contrasto con lâappoggio della presunta "talpa".