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Domenica 1 Settembre 2024
Il Sacello – o, luogo di culto – rupestre dei SS. Nazaro e Celso, ai piedi del Monte Costiglione, Veronetta, Verona, sarà restaurato… e visitabile.

La bella notizia ci perviene dal Comune di Verona, che provvederà – nel quadro del PNRR M1C3 Investimento 2.4 - Sicurezza sismica nei luoghi di culto, torri/campanili - ”Sacello rupestre dei SS. Nazaro e Celso, Verona - Importo del finanziamento € 500.000, CUP F36J22000340006 – a ridare dovuta luce alla più che millenaria chiesetta di Veronetta. Infatti, “con la deliberazione propria, la Giunta comunale ha approvato il Progetto di Fattibilità Tecnico Economica dei lavori di messa in sicurezza sismica del Sacello rupestre dei SS. Nazaro e Celso, finanziati con fondi dell’Unione Europea Next Generation EU, nell’ambito del PNRR - M1C3 – Inv. 2.4 “Sicurezza sismica nei luoghi di culto, restauro del patrimonio culturale del Fondo Edifici di Culto (FEC) e siti di ricovero, per le opere d’arte (Recovery Art)”, per un importo complessivo di euro 500.000,00, di cui € 300.998,33, per lavori, ed € 199.001,67, per somme a disposizione dell’Amministrazione (indagini, spese tecniche, IVA ecc.). L’antica chiesetta in roccia, si trova a breve distanza dalla Chiesa dei SS. Nazaro e Celso, ai piedi del Monte Costiglione, altura in tufo, che, in Veronetta, delimita l’area urbana. Oggi, il sacello è, solo eccezionalmente aperto al pubblico, perché, attualmente, inglobato all’interno dell’Istituto professionale “Giorgi”. L’Amministrazione comunale intende, tuttavia, quando reso sicuro e visitabile, aprire lo stesso alla cittadinanza e ai turisti, anche attraverso la creazione di un percorso di accesso ¬– ad esempio, dalla vicina Scala XVI Ottobre, che conduce ad Alto San Nazaro ¬–, che riecheggi l’antico percorso, che serviva, un tempo, i fedeli, in arrivo dal monte soprastante. Tale percorso valorizzerebbe anche le altre grotte e cavità rupestri circostanti, creando pure animazione in Veronetta. Si ritiene che il monumento, unica testimonianza veneta di architettura sacra rupestre paleocristiana, risalga al VI-VII sec. d.C.. Grazie al disegno dei pannelli musivi, si ricostruisce la presenza di un altare al centro della parete di fondo del presbiterio. I due cicli di affreschi del X e XII sec. furono “strappati”, ossia, staccati, dalla parete, che li ospitava, nel 1963-1964, e sono attualmente conservati nel Museo degli Affreschi G.B. Cavalcaselle. Secondo quanto attestarono Ludovico Moscardo, nel Seicento, e Scipione Maffei, nel Settecento, il sacello – o luogo di culto o chiesetta – venne in parte demolito nella seconda metà del XV secolo, per far posto alla riedificazione di un settore del monastero di San Nazaro. E in effetti una visita pastorale, compiutasi nella seconda metà del Quattrocento, conferma come la cappella fosse ormai ‘mutilata e amputata’. Durante la Seconda guerra mondiale, la grotta venne usata come rifugio antiaereo”. A dire il vero, l’importante monumento paleocristiano è sempre stato al centro della anche nostra modesta attenzione, creando curiosità e grande interesse, ma senza, tuttavia, permetterci, come avremmo desiderato, entrare in contatto diretto, con l’antica opera. Della quale, tuttavia, potemmo ammirare i preziosi affreschi – pare, risalenti all’anno 996 – già, circa un decennio fa, grazie al citato, veronese, straordinario “Museo degli Affreschi”, che è visitabile, accanto alla Tomba di Giulietta. Una grande iniziativa, dunque, che renderà ancora più attraente la Verona dell’Arte. Non possiamo, con l’occasione e, ad ampliamento di quanto sopra, trascurare quanto scrisse in merito al Sacello, in tema, mons. Emilio Venturi, attivissimo parroco di San Nazaro e Celso, Verona, dal 1948 al 1990, e, quindi, bene a conoscenza della chiesetta in roccia, che guardava, e guarda, la sua chiesa, nel suo libro di memorie, dal titolo “Acquarelli sul Sagrato”, uscito, in seconda edizione, nel 1995: ”La Chiesa di San Nazaro nella storia e nell’arte”: “La chiesa primitiva. Monastero dei Benedettini, S. Nazaro, fuori le mura cittadine, circondato da orti e da misere casupole, fino al secolo decimoterzo, quando i nostri padroni di Verona, gli Scaligeri, rifecero la cinta muraria di difesa, dandole quell’andamento, che ha, poi, sempre, sostanzialmente conservato, da San Giorgio, sino a Porta Vescovo. Era fuori delle mura, quindi, anche quella primitiva chiesa, dedicata ai Santi Nazaro e Celso, che l’anonimo autore dei “Versus de Verona” ¬¬– descriptio ritmica, risalente al periodo 799-804 – pone a difesa spirituale della città, durante il regno del piissimo Pipino, prima che orde ungare – circa, nell’anno 933 – calassero a devastare i sobborghi veronesi, ove prosperavano i monasteri e le artigiane botteghe. La chiesa nominata dal “Ritmo pipiniano” e devastata dagli ungheri, dovrebbe essere stata quella, semiscavata, nel tufo, del monte Costiglione, di cui, tutt’oggi, esistono importanti reliquie: la cosiddetta Grotta di San Nazaro, con le stratificazioni di affreschi, parte del 996, e dovuti ad un restauro condotto, dopo l’invasione, parte del secolo decimosecondo. Mentre i più antichi sono ancora in loco e sotto cura, gli affreschi più recenti, quelli del secolo XII, sono stati, da tempo, staccati: ora, presso il Museo di Castelvecchio, che ne è il proprietario, si stanno ripulendo e convenientemente sistemando, in una saletta, essendo fondamentale capitolo della pittura veronese. Un esame attento del complesso di San Nazaro – scrive l’Arslan, a proposito del più antico strato di affreschi – persuade che in essi, trovano matura espressione alcuni degli elementi più vitali dello spirito figurativo europeo del secolo X. Gli affreschi veronesi di San Nazaro, si pongono così, nella parte più nobile, tra i più cospicui monumenti italiani, sorti, sotto l’influenza del Rinascimento carolingio e attestano, ancora una volta, le stesse connessioni esistenti, anche alla fine del secolo X, tra Verona e le ultime propaggini di quella cultura”. Dopo, almeno, più di sette decenni di attesa, avremo, dunque, la fortuna di ammirare Sacello e ed affreschi, ricchi di storia cristiana e d’arte, in Veronetta.
Pierantonio Braggio




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