“Carmina Burana”: 99° Arena di Verona Opera Festival 2022, venerdì 12 agosto, alle ore 21.30.
“Venerdì 12 agosto, le millenarie pietre dell’Anfiteatro veronese risuoneranno delle note di Carl Orff, anni ’30 del 1900: i celeberrimi Carmina Burana, un mondo sonoro, al tempo, antico e moderno, tratto dai canti goliardici dei clerici vagantes del Basso Medioevo, scoperti nella biblioteca del monastero bavarese di Benediktbeuern (anticamente Bura Sancti Benedicti), di cui solo vent’anni dopo fu scoperto il modo di interpretare le melodie contenute nella pergamena originale. Da questa raccolta poetica, Orff scelse 24 brani in latino, provenzale, alto tedesco medio e li tradusse in un linguaggio, che guardava tanto alle sonorità barbariche e sperimentali di Stravinskij quanto ad un linguaggio tonale più immediato, in un percorso drammaturgico che inneggia all’amore e alle gioie terrene della vita. Apre e chiude il brano la celeberrima immagine della Fortuna, ruota, su cui si alternano i destini dell’umanità. All’Arena di Verona i Carmina Burana, già popolari e amatissimi, sono comparsi nel 2014 e 2015, quindi nel 2019, per l’unica presenza del compianto Ezio Bosso, direttore e compositore, prematuramente scomparso nel 2020, prima di poter guidare la Nona Sinfonia di Beethoven che aveva personalmente annunciato dal palcoscenico al termine della trionfale serata sold-out dell’11 agosto 2019. A distanza di tre anni, Fondazione Arena ricorda quella serata con una dedica al M° Bosso, affidando la conduzione ad Andrea Battistoni, giovane Maestro veronese dalla carriera internazionale, attualmente direttore principale della Tokyo Philharmonic, nonché prima bacchetta a portare il capolavoro di Orff in Arena. La cantata scenica di Orff schiera sull’immenso palcoscenico areniano un organico colossale: tutta l’Orchestra con una ricca sezione di percussioni, pianoforti, doppio Coro, con le maestranze artistiche della Fondazione Arena di Verona (maestro del coro Ulisse Trabacchin) e coro di voci di bianche (in questo caso le forze congiunte dei due cori A.Li.Ve., col suo maestro Paolo Facincani, e A.d’A.Mus. preparato da Marco Tonini). Inoltre sono richieste tre voci soliste di spessore per le mirabolanti acrobazie vocal, pensate da Orff per un baritono che è una sorta di gran cerimoniere, nell’inno alla vita, qui incarnato da Mario Cassi, un ironico ultimo canto del cigno (arrostito), affidato all’acutissima tessitura di un tenore in falsetto o alla vocalità piena di un controtenore, che in questo caso è lo specialista Filippo Mineccia, al debutto areniano. Infine una voce di soprano incarna l’eterno femminino, fra dolcezze e acuti astrali: per l’occasione, questi brani sono interpretati dall’acclamata stella del Belcanto Lisette Oropesa, reduce da un trionfo personale come protagonista della Traviata. Lo spettacolo, che si avvale delle luci disegnate da Paolo Mazzon, durerà 70 minuti circa, senza intervallo. Sono pochi i posti ancora disponibili, per l’attesa serata - evento: per poter accogliere il pubblico, Fondazione Arena ha aperto le vendite, per i settori laterali di gradinata non numerata (cancelli 23 e 51). Il gala Carmina Burana si inserisce in una settimana di grandi eventi al 99° Arena di Verona Opera Festival 2022, che prevede, ogni sera, un titolo diverso e stelle del calibro di Lisette Oropesa, Oksana Dyka, Francesco Ivan Ciampa, Elina Garanča, Brian Jagde: Venerdì 12, Carmina Burana (unica data), sabato 13 agosto, Turandot (nuovo cast,) e domenica 14 agosto, Carmen”. Sino a qui, il comunicato dell’11.8.22, di Fondazione Arena, cui ci permettiamo aggiungere, senza voler prevalere, su quanto, di storico, bene riportato nel comunicato stesso, alri dati, sull’originale dei Carmina. Il citato edificio-monastero, con grande chiesa, di Benediktbeuern, occupa un’area molto vasta e appare straordinario, con la sua imponenza, con la sua tinteggiatura, improntata al bianco, e circondato da verdissimi prati ed alberi, nonché da un giardino-orto botanico, dai bellissimi fiori e piante officinali. Ha fondato il monastero – cui era affidato anche il compito di controllare la regione d’intorno, sino a giungere al Brennero e all’Italia – Carlo Martello (686-741), nell’anno 725. Pochi anni dopo, presero in consegna il convento alcuni monaci benedettini. Nel 739, l’annessa chiesa fu consacrata da San Bonifacio (680-754), mentre Carlo Martello nominò abate del monastero l’alemanno Lantfrid. Carlo Magno (già re dei Franchi, nel 768 e morto nell’814) donò, poi, alla chiesa del monastero un braccio-reliquia di San Benedetto – Benedikt, in tedesco – per cui la chiesa-basilica stessa porta, oggi, il nome del Santo, patrono d’Europa. Seguirono la distruzione del monastero, da parte degli Ungari, nel 955, e la successiva ricostruzione, con l’intervento di Sant’Ulrico d’Augusta (890-973). Un incendio, nel 1490, colpì il monastero e la sua ricostruzione ebbe luogo fra il 1669 e il 1718, in stile barocco, con straordinarie opere d’arte, come conservato ancora oggi, mentre non fu trascurato il lato agricolo dell’attività conventuale, talché il convento divenne azienda agricola-modello del suo tempo. Nel 1803, in base a misure, dette di ‘secolarizzazione’, destinate a fare denaro per la mano pubblica, il monastero fu tolto ai Benedettini, dato in uso a privati, fino al 1819, quando esso fu destinato dalla Baviera ad attività statali. Nel 1930, il monastero, da secoli centro di cultura, di ricerca, di scienza e di agricoltura-modello, è passato ai Salesiani di San Giovanni Bosco (1815-1888), che da allora e tutt’oggi, ne curano costantemente la manutenzione, dedicando la loro preziosa attività alla gioventù, con numerose ed importanti iniziative, anche universitarie e, comunque, ad alto livello. Ma, oltre per il lato realigioso, che artistico, sia del grande edificio monastico, che della straordinaria sua chiesa (anni di costruzione: 1681-1685), caratterizzata esternamente, da due campanili, già eretti negli anni 1672-1673, con guglia a forma di cipolla – destinata, quest’ultima, ad evitare l’accumulo di neve – diffusissimo è il nome del monastero, in Germania e all’estero, per avere posseduto e custodito – come già segnala il comunicato di Fondazione Arena – ben 250 antichi manoscritti, fra i quali i noti “Carmina Burana” – “burana” è aggettivo latino, neutro plurale, con significato di “di Benediktbeuren” – o, in tedesco, di “Beurer Lieder”. Con detta denominazione latina s’intendono le “canzoni”, cantate e trascritte da chierici o da studenti itineranti ed aventi contenuto morale, religioso-spirituale, profano, con riferimento, per esempio, a primavera, amore e vino, e custodite, per secoli, nel monastero stesso. Cantando i “Lieder”, oltre che in osterie, giovani vaganti intrattenevano, nelle corti, i signori che li ospitavano. La raccolta fu scoperta nella biblioteca del convento, al momento della citata secolarizzazione, nel 1803. Redatti, in parte, in tardo latino, in medio alto tedesco, in provenzale e in altre lingue, verso i primi decenni del 1200, i Carmina furono stesi, fra l’altro, in quel di Seckau, Stiria, Austria, a Bressanone ed a Novacella. Non è noto come i Carmina siano giunti al Monastero, in tema. Ora, il prezioso materiale peraltro, eccellentemente musicato, nel 1937, dal monacense compositore Carl Orff (1895-1982), è conservato, con il Codex Buranus, nella Biblioteca di Stato di Monaco di Baviera. A dare al sottoscritto l’importante idea di visitare l’Abbazia di Benediktbeuern, accompagnato, da mio fratello Paolo, sono stati non solo il piacere di ammirare un monumento importante, onore della religione cattolica, diffusa dai Benedettini, e dell’arte barocca bavarese, ma anche l’avere sentito parlare, per la prima volta, di Benediktbeuern, già nel 1959, quando un giovane padovano, presente a Monaco di Baviera, dove il sottoscritto risiedeva, raccontava di recarsi spesso all’abbazia dei Salesiani, per incontrare un amico…; il successivo incontro con i Carmina, avvenne esaminando la storia della letteratura tedesca e venendo a conoscere, quindi, il fatto che il giovane Johann Wolfgang Goethe (1749-1832) – che visitò la nostra Arena, nel 1786 – li avesse pure cantati, con i propri amici universitari, nella famosa birreria di Lipsia, l’ “Auerbachs Keller”, ancora attiva.
Pierantonio Braggio
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