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Venerd 26 Maggio 2023
A Verona, Carlo Petrini e Gaël Giraud, autori del libro: ”Il gusto di cambiare. La transizione ecologica, come via per la felicità”.

La presentazione del volume ha avuto luogo, ad Eataly Art House, Verona, il 25 maggio scorso.

Il fondatore di Slow Food e il gesuita economista, in dialogo su cibo, economia, finanza e clima: un dialogo a tutto campo sulla necessità di un cambio di paradigma culturale, sociale, economico, per far sì che il pianeta abbia un futuro e l’esistenza di ciascuno diventi umanamente più ricca. Il gusto di cambiare. La transizione ecologica come via per la felicità (Slow Food Editore / Libreria Editrice Vaticana, pp. 176, euro 18, in libreria dal 17 maggio) è il libro-confronto, tra due intellettuali di primo piano, nel panorama internazionale, diversi per formazione, ma concordi nella diagnosi e nell’approccio alla situazione attuale: Carlo Petrini, gastronomo, fondatore di Slow Food, Terra Madre e della prima Università di Scienze Gastronomiche al mondo, e Gaël Giraud, economista, matematico e teologo, gesuita, direttore del Programma per la giustizia ambientale della Georgetown University di Washington. Sollecitati dalle domande di Stefano Arduini, direttore del magazine Vita e di vita.it, in questo libro-evento Giraud e Petrini analizzano il sistema alimentare, economico e finanziario, per segnalarne le rispettive storture e prospettare cambiamenti radicali, che partano da scelte individuali e comunitarie, per poi arrivare sul piano politico. Sul fronte alimentare Petrini evidenzia alcuni dati eloquenti: «Da noi lo spreco è funzionale a un modello economico che considera il cibo un prodotto di scarso livello e di scarso valore. Si produce in eccesso, in modo che l’offerta sia sempre superiore alla domanda e i prezzi rimangano bassi. Ancora oggi, circa il 30% del cibo globalmente prodotto non raggiunge la tavola di nessuno. A livello globale produciamo cibo per 12 miliardi di esseri viventi. Gli abitanti della terra sono 8 miliardi. Il 33% del cibo viene buttato. Consumiamo 95 chili di carne pro capite. Negli Stati Uniti si arriva addirittura a 130. Nell’Africa subsahariana, a 5 chili. Mentre invece una cifra intorno ai 60 chili è quella più consona a una dieta sana. Diminuire le proteine animali, nella dieta, equivale a meno spreco, meno consumo di energia e di acqua, meno inquinamento, visto che noi italiani paradossalmente importiamo carne da Argentina e Brasile». Giraud porta invece alcune esemplificazioni di carattere economico, per mostrare il paradosso, in cui siamo intrappolati: «Sono stati trasferiti al mercato finanziario gli stessi aggettivi attribuiti a Dio. Alcuni economisti definiscono il mercato “onnipotente”, “onnisciente”, talvolta “benevolo”. È stata reintrodotta una specie di religione pagana, nella quale le banche e il business sono divinità intoccabili. In questo modo, il neoliberismo distrugge un altro pilastro della modernità, poiché, nei fatti, mina l’uguaglianza di fronte alla legge». Nella loro disamina, Giraud e Petrini offrono alcuni esempi che danno l’idea dell’urgente necessità di attuare un cambiamento nelle pratiche alimentari ed economiche: secondo il nordamericano WEI-World Engagement Institute, per esempio, nel 2040, se non interverremo, nel mondo si verificherà una diminuzione della disponibilità di acqua di circa il 20% rispetto a oggi. Sul fronte inquinamento: solitamente si pensa che sia la mobilità la fonte principale di tossicità, invece ciò è da ricercarsi nel sistema alimentare, che incide per il 35% sull’inquinamento globale, il doppio dunque di quanto inquinano moto, auto, camion e treni. Sul piano economico è necessario rinunciare all’assolutizzazione del PIL, che oggi viene idolatrato ma che resta un indicatore di ricchezza, che non tiene conto di diverse variabili, come il rispetto dell’ambiente, l’impatto sociale della crescita della ricchezza, le ingiustizie sociali, etc. Giraud e Petrini si trovano d’accordo nell’evidenziare alcune parole-chiave intorno alle quali la società civile deve attuare una lotta sociale che porti la politica a scelte forti e nette: Giraud la chiama «antropologia relazionale», che dimentichi l’Uomo vitruviano di Leonardo da Vinci (un uomo solo, maschio, europeo, senza natura, senza l’altro né l’Altro); Petrini, invece, individua nella parola «comunità», in particolare, i movimenti giovanili come i Fridays for Future, una delle leve possibili, per attuare cambiamenti di prospettiva. Da questa visione, nascono alcune scelte concrete, possibili e alla mano: dimezzare il consumo di carne perché il 69% dell’acqua che usiamo noi uomini è destinato agli allevamenti intensivi, che sono anche intense fonti di inquinamento; preferire banche etiche o di comunità a istituti di credito che, invece, impediscono la transizione energetica, visto che nel caso delle 11 banche maggiori d’Europa, il totale dei loro investimenti in energie fossili arriva a una quota di 530 miliardi di euro, pari a circa il 95% della somma della capitalizzazione di ognuna di tali banche. I due autori si trovano inoltre concordi nell’affermare che la prospettiva di papa Francesco contenuta e manifestata in Laudato si’ e identificata nel motto «meno è più» rappresenta la risposta che il mondo occidentale in crisi di identità può far propria, per assecondare il desiderio di giustizia e felicità che ogni persona possiede. Come affermano gli autori, «ciò che conta nella nostra vita non è il numero di automobili che possediamo, ma la qualità delle relazioni che abbiamo, fra noi vivi e con la natura, con i nostri antenati e con i nostri futuri figli. Se il nostro obiettivo come individui e società è il PIL o avere più cose, non sarà un vero progresso. L’obiettivo di una comunità deve essere vivere meglio, cioè trovare un senso alla propria vicenda umana». Papa Francesco, nella sua Prefazione, riconosce l’importanza del libro: «Questo testo ha generato in me un sapore di speranza, di autenticità, di futuro. Ciò che i due autori portano avanti in questo scambio è una sorta di “narrazione critica” rispetto alla situazione globale: da un lato elaborano un’analisi motivata e stringente al modello economico-alimentare in cui siamo immersi il quale, per rifarsi alla celebre definizione di uno scrittore, “conosce il prezzo di tutto e il valore di niente”; dall’altra propongono diversi esempi costruttivi, esperienze assodate, vicende singolari di cura del bene comune e dei beni comuni che aprono il lettore a uno sguardo di bene e di fiducia sul nostro tempo. Critica di ciò che non va, racconto di situazioni positive: uno con l’altro, non l’uno senza l’altro». Si è trattato, dunque, d’un incontro, non solo, interessantissimo, pratico, nei contenuti, perché condotto di persona, da due ricercatori e studiosi di rango, ma, al tempo, illuminante, per i nuovissimi – e preoccupanti! – dati, sul comportamento umano, in fatto di alimentazione, di consumo di beni, di sprechi e di finanza, nonché, quindi, sulla necessità di un “cambiamento” di comportamento, in merito ai temi citati, per il bene dell’umanità, come suggerito da Papa Francesco. Nella foto: Petrini e Giraud.
Pierantonio Braggio





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